Corte appello Milano sez. III, 12/04/2021, n.1141
La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario, e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato” effettuata dallo stesso giudice.
La sentenza della Corte d’Appello di Milano, sezione III, del 12 aprile 2021, n. 1141, tocca un tema cruciale nell’ambito della consulenza tecnica d’ufficio (CTU) e del ruolo del giudice nel processo civile. La decisione mette in luce diversi aspetti significativi che meritano un commento dettagliato.
Contesto e Portata della Sentenza
La sentenza stabilisce che la consulenza tecnica d’ufficio è un mezzo istruttorio e non una prova vera e propria. Questo distingue chiaramente la CTU dagli altri mezzi di prova, sottolineando che essa non è a disposizione delle parti, ma è soggetta al prudente apprezzamento del giudice di merito. In altre parole, la decisione di nominare un consulente tecnico e l’eventuale motivazione di un diniego rientrano nella discrezionalità del giudice e possono essere desunti implicitamente dalle argomentazioni generali e dal quadro probatorio complessivo valutato dal giudice stesso.
Analisi Critica
Discrezionalità del Giudice
La discrezionalità del giudice nel disporre o meno la CTU rappresenta un punto cruciale. Da un lato, questa discrezionalità è necessaria per garantire che la consulenza tecnica non sia utilizzata in modo strumentale dalle parti, ma piuttosto come uno strumento per chiarire aspetti tecnici complessi che il giudice non è in grado di valutare autonomamente. Dall’altro lato, tuttavia, una discrezionalità troppo ampia potrebbe portare a un uso arbitrario della CTU, con possibili conseguenze negative per il principio di parità delle armi tra le parti.
Motivazione Implicita
La sentenza afferma che la motivazione del diniego di una CTU può essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni del giudice e dalla valutazione complessiva del quadro probatorio. Questo approccio, se da un lato può essere giustificato dalla necessità di evitare motivazioni ridondanti e burocratiche, dall’altro lato può sollevare preoccupazioni in termini di trasparenza e controllabilità delle decisioni giudiziarie. Una motivazione implicita potrebbe non essere sempre sufficientemente chiara per le parti, rendendo più difficile l’eventuale impugnazione della decisione.
Suggerimenti per Migliorare
1. Equilibrio tra Discrezionalità e Trasparenza: Potrebbe essere utile introdurre linee guida più dettagliate che aiutino i giudici a bilanciare la necessità di discrezionalità con quella di trasparenza. Ad esempio, definire criteri più specifici per la nomina del CTU e per la motivazione del diniego potrebbe migliorare la trasparenza delle decisioni.
2. Migliorare la Documentazione delle Decisioni: Anche se la motivazione implicita è accettata, potrebbe essere utile promuovere una documentazione più esplicita delle ragioni alla base delle decisioni riguardanti la CTU. Questo non solo migliorerebbe la trasparenza, ma fornirebbe anche un riferimento utile per future decisioni e per l’eventuale revisione delle stesse.
Conclusione
La sentenza della Corte d’Appello di Milano rappresenta un importante contributo alla comprensione del ruolo della CTU nel processo civile e del potere discrezionale del giudice. Tuttavia, per garantire un equilibrio ottimale tra discrezionalità giudiziaria e trasparenza delle decisioni, potrebbero essere necessari ulteriori perfezionamenti nelle linee guida e nella formazione dei giudici. Questi miglioramenti potrebbero contribuire a un sistema giudiziario più efficiente e equo, in cui la CTU è utilizzata in modo appropriato e trasparente.